martedì 13 maggio 2014

Ciao, Denilson!

A me il calcio una volta piaceva.
Perlomeno dovevo farmelo piacere: alle elementari i miei compagni di classe, i maschi ma anche qualche bambina, parlavano di calcio e io, per il naturale processo di omologazione che si svolge negli ambienti scolatici (ma continua a manifestarsi anche in età adulta) dovevo parlare di calcio.
Per carità, in classe mia i maschi erano anche tutti appassionati di trattori, provai ad interessarmi anche a quelli ma dopo che un burlone scrisse "Range Rover" sul trattore che avevo disegnato e appeso sulla parete dell'aula, capii che non faceva per me.
Sul calcio però potevo farcela!
I miei compagni di classe tiravano fuori nomi di squadre che io avevo già sentito nominare ma non conoscevo, e per non sentirmi escluso dai giochi dovetti scegliere un club da tifare. Mi piaceva quel binomio di colori rosso e nero, e allora scelsi il Milan.
Mi ci sono voluti anni per capire che il presidente di quella squadra era il Male incarnato, il seme piantato alle scuole elementari ormai era germogliato e cresciuto rigoglioso in me.
Alla fine però ho raggiunto l'età della ragione: ho capito che niente mi legava a quella squadra, e che in effetti poco mi interessava persino del calcio, così ho finito per disinteressarmi di quello sport.
Purtroppo questa scelta mi ha portato a finire tagliato fuori da numerose discussioni in eventuali serate al pub, ma meglio così: del resto, perché parlare di un argomento che non mi interessa? Perché uscire di nuovo con gente che chiacchiera senza accorgersi che qualcuno non è coinvolto nella discussione? E poi oh, siamo nell'era degli smartphone.
Capisco però che non è facile, gli argomenti comuni nel nostro Paese sono il calcio e il tempo che fa, c'è poco da fare. Alle elementari mi si aprì un bivio per il futuro: potevo diventare calciatore o meteorologo. Non sono diventato né l'uno né l'altro. Però ho comprato un trattore.
Tutti continuano a parlare di calcio, io mi sento un po' una voce fuori dal coro e ciò mi fa sentire prezioso.
Da ascoltatore esterno non posso capire chi segue un campionato dove la vittoria se la giocano sempre le solite tre o quattro squadre perché sono quelle che hanno i soldi e si comprano i giocatori migliori, il tecnico migliore, i dirigenti migliori, il custode del campo migliore, e già che ci sono anche gli arbitri migliori.
Non lo posso capire soprattutto perché è vero, ed il tifoso lo sa e accetta.
Ho provato a chiedere a qualche tifoso cosa lo porta ad amare una squadra che il più delle volte non rappresenta nemmeno la sua città (cazzo tifi la Juve se sei pistoiese?), se la rosa dei giocatori cambia quasi ogni anno, la società cambia perché se la comprano gli sceicchi, pure i colori della maglia cambiano perché "Ma come ti vesti?".
La risposta non me la ricordo, ma era una cazzata al sicuro.
Chi segue il calcio guarda un flusso di soldi, flusso da lui stesso alimentato perché i soldi vanno dove c'è l'interesse della gente, e dove ci sono i soldi arrivano gli avvoltoi.
Ma io, da alternativo che non ama il calcio, non voglio dare lezioni a nessuno.
Non voglio proporre alternative, non voglio invitare questa gente alla cultura o altri contesti che di solito noicuifaschifoilcalcio seguiamo e amiamo urlare a squarciagola per farci sentire da quellicheamanoilcalcio.
Primo perché non credo di essere uno di questi, secondo perché se lo facessi sarei una checca isterica e quellicheamanoilcalcio mi pesterebbero, col permesso di Genny 'a Carogna.
Il motivo è che se l'attenzione della gente si spostasse in massa su ciò che a me piace, arriverebbero anche i soldi trasportati dagli avvoltoi. Il flusso del denaro si sarebbe solo spostato e io sarei circondato da avvoltoi che vogliono nutrirsi della mia carcassa. Non sarebbe carino.
Allora continuate a parlare del vostro calcio, tanto io ho lo smartphone.
E se volete coinvolgermi nella conversazione calcistica non c'è problema, ma parliamo del periodo in cui lo seguivo: la formazione della Francia ai Mondiali '98 la ricordo quasi a memoria, mica roba da poco.
Ecco, per esempio ho trovato tramite il mio smartphone un articolo su Denilson, quello che faceva i giochi a Francia '98! Quello del "Ciao, Denilson!" di Aldo, Giovanni e Giacomo! Ve lo ricordate? Che fine ha fatto?

http://a52sport.wordpress.com/2012/12/12/ciao-denilson-la-storia-di-un-giullare-che-sembrava-re/

Vabbè ragazzi, si è fatta una certa, qualcuno vuole un passaggio sul mio trattore?

mercoledì 26 febbraio 2014

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Ultimamente sono molto pendolare ed il viaggiare su un mezzo di trasporto senza esserne il conducente porta a pensare a molte cose:
Come mai non posso permettermi un auto?
Perché quando ho il biglietto correttamente convalidato non me lo controlla mai nessuno?
Come potrei fare più viaggi usando sempre il solito biglietto?
Perché non tenere gli occhi bene aperti per tutto il viaggio e cambiare carrozza appena appare il capotreno?
 In pratica il cervello si affolla di una serie di quesiti criminosi al solo scopo di risparmiare i soldi del biglietto, uno sforzo neuronale che se fosse utilizzato a fini ben più utili il pendolare potrebbe permettersi un camper, o un treno tutto suo. Queste elucubrazioni vengono tutte interrotte di botto da una figura che si aggira per le carrozze del Regionale...

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Scusate, mi era parso di intravedere il capotreno.
Mi riferivo alle zingare che chiedono l'elemosina.
Esse svolgono un lavoro illegale e lo fanno pure viaggiando gratis, sono più efficienti dei narcotrafficanti in questo.
La richiesta d'elemosina è diventata un business e come tale si è evoluta. Per ottimizzare i tempi tra domanda e offerta da anni le zingare non si fermano più singolarmente da passeggero a passeggero, ma passano celermente lasciando su ogni seggiolino occupato un biglietto da visita, come i grandi venditori sanno fare.
In verità, più che un servizio ti offrono molto di più: l'opportunità di sentirti una persona migliore, disposta a condividere qualche spicciolo con un bisognoso.
Ti offrono qualche secondo di compiacimento nell'elargire una piccola somma con tanta generosità.
Oppure ti evitano il secondo di imbarazzo in cui cerchi di ignorarle mentre ti agitano il palmo della mano di fronte al naso. È comunque un servizio, e come i migliori servizi tu non l'hai affatto chiesto. Ma puoi usufruirne. Come rifiutare?
Questo business dell'elemosina agli zingari si è sì evoluto tecnologicamente, ma ha radici antichissime. Il messaggio scritto su quei bigliettini è stato tramandato di secolo in secolo, di cartello in cartello, e ha radici bibliche.
È difatti noto nella tradizione popolare che gli zingari rapiscono i bambini. Alle volte li scambiano. Come mai tanti figli non somigliano ai genitori? Come mai le famiglie abbienti hanno figli che sin da adolescenti ne sputtanano il patrimonio?
La risposta è semplice: sono stati scambiati con i figli degli zingari.
Il primo caso di rapimento di primogenito è presente addirittura nella Bibbia, nel Libro dell'Esodo. L'angelo della morte che rapì i primogeniti agli egizi chi credete che fosse? Uno zingaro, ovvio.
Per evitare il rapimento dei loro primogeniti, Mosè ordinò agli ebrei di marcare gli stipiti delle loro porte con una scritta...  

"O 2 FIGLI E NO LAVORO. VI PREGO DATE ME POCO SOLDI. DIO VI BENEDICA"

Le ultime tre parole, sono chiaramente la firma di Dio, mandante dell'angelo della morte zingaro.
Il messaggio degli zingari ha quindi un senso non solo in chiave commerciale, ma addirittura religioso.
Tutto questo spiega come mai dalla liberalizzazione del mercato energetico in Italia i nostri campanelli siano suonati assiduamente da agenti commerciali senza scrupoli, in un atteggiamento tanto simile a quello dei testimoni di Geova.
Del resto anche la religione è ed è sempre stata un business spietato.

Adesso scusate, ma la prossima stazione è il capolinea.